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Venerdì, 22 Aprile 2016 01:29

Santa Maria al Sacro Monte (VA)

Restauro conservativo della facciata principale, del presbiterio e della cappella delle Beate 

Affreschi, dipinti murali, decorazioni, stucchi, intonaci, lapidei

Varese

16/12/15 - 11/04/2016

“Ad Montem la chiesa Sancte Mariae ed in essa l’altare Sancti Michaelis”

Questo è ciò che riporta il Bussero nel Liber Sanctorum Mediolani; unica chiesa, quindi, che esisteva nel borgo di Santa Maria del Monte prima del XIII secolo e che non appartenesse a privati, era proprio quella dedicata a Santa Maria; inoltre, sullo stesso Monte Olona o di Velate egli cita anche la chiesa dedicata a San Francesco con annesso convento in pertica, di cui ad oggi rimangono tracce archeologiche.

In realtà, la chiesa di Santa Maria citata dal Bussero nel XII secolo è da identificare con l’edificio frutto della prima ricostruzione (quella romanica) della chiesa originaria. Come la maggior parte dei luoghi di culto divenuti santuario, l’origine della chiesa di Santa Maria è da rintracciare in una leggenda, secondo cui il luogo dove, in un periodo imprecisato da collocare tra la fine del IV e l’inizio del X secolo, venne eretto un tempio dedicato alla Madonna, era stato reso sacro dalla presenza della mensa attorno alla quale Sant’Ambrogio concelebrò con altri Vescovi la vittoria sull’Arianesimo. Proprio nel punto dove si trovava la mensa venne eretta, direttamente sulla roccia, la chiesa di Santa Maria, nucleo originario dell’attuale Santuario.

Divenuto luogo sacro, il Monte Olona nel corso dei secoli successivi divenne luogo privilegiato per l’edificazione di chiese, cappelle e oratori. Di seguito si riporta una breve nota che segue l’ordine cronologico:

- 1371: Chiesa di San Bernardo

- XV secolo: Chiesa di San Giacomo

- Ultimo quarto del XV secolo: viene iniziata una chiesa che non verrà mai ultimata né consacrata

- Fine XV secolo: prima Chiesa dell’Annunciata

- 1494: Chiesa delle Madonne

- Inizi XVI secolo: L’antica Torre degli Ariani viene consacrata come Cappella della Vittoria

- Fine XVII secolo: Seconda Chiesa dell’Annunciata

Anche la Chiesa di Santa Maria, luogo privilegiato dai pellegrini, subisce nel corso dei secoli due interventi di riedificazione; divenendo sempre più importante agli occhi dei credenti, infatti, viene ampliata ed arricchita, con lo scopo di accogliere più fedeli e pellegrini e per attribuire il giusto valore al luogo ritenuto sacro.

Secolo X: viene citata in una pergamena del 922, la prima chiesa di Santa Maria

Secolo XII: prima riedificazione della chiesa di Santa Maria, testimoniata nel 1196

Secolo XV: seconda riedificazione della chiesa di Santa Maria attestata a partire dal 1472

Mercoledì, 13 Aprile 2016 20:37

Madonna alla Fontana

Dipinto su tela raffigurante la "Madonna alla Fontana"

Santa Maria alla Fontana (MI)

 

Dipinto ad olio collocato nell’ex sacrestia della Chiesa di S. Maria alla Fontana a Milano. La tela, di grandi dimensioni, è inserita in una cornice marmorea posta sopra l’altare del vano retrostante il sacello.

Il quadro raffigura al centro la Madonna col Bambino attorniata da angioletti e con, alla sua destra, l’arcangelo Gabriele e, alla sua sinistra, l’arcangelo Michele.

Nella parte inferiore vi è un fontanile e quattro personaggi : si suole identificare la figura dolente accovacciata sulla destra con Charles d’Amboise, ritratto anche sulla sinistra dopo la guarigione, mentre i due frati oranti sono S. Francesco di Paola e il padre provinciale dei Minimi Matteo da Messina.

Non si hanno informazioni circa l’autore di tale dipinto, eseguito probabilmente verso la fine del XVI sec.; alcuni studiosi hanno proposto l’attribuzione dell’opera a uno dei fratelli Campi.

Mercoledì, 13 Aprile 2016 01:02

Santa Lucia

Restauro di dipinto ad olio su tela.

Pagnona (LC)

Non si hanno informazioni sulla pala di S. Lucia, che si crede però di provenienza veneta e del Seicento; un altare alla santa esisteva nel 1685 e si sa che nel 1727 la cappella fu munita di nuove balaustre marmoree.

La pala, di cm 160 per 80, è formata da due elementi, un riquadro e una lunetta sovrapposta. Nel quadro ad olio su tela, è dipinta la santa Lucia con i consueti attributi entro un paesaggio, sulla destra inferiormente il ritratto a mezzo busto dell’offerente e con le braccia incrociate. Nella parte superiore la Vergine con il Bambino ritto occupa la posizione centrale fra i santi Rocco e Sebastiano, dipinti di tre quarti, le cui figure sono leggermente flesse secondo l’andamento curvilineo della lunetta.

Martedì, 12 Aprile 2016 20:03

Oratorio, Telgate (BG)

Restauro artistico di Palazzo Agosti – Ferrari (XVIII sec) sede dell’oratorio parrocchiale

Decorazioni, intonaci, elementi lapidei, sicurezza soffitti

Telgate, (BG)
02/01/2013 – 30/11/2013

L’Oratorio ha sede in quella che, dagli inizi del Settecento alla metà degli anni Cinquanta del Novecento, era stata la villa di campagna di due nobili famiglie: i conti Agosti, di origine veneziana, e i Ferrari, facoltoso casato milanese.

Il trasferimento di proprietà dagli uni agli altri avvenne alla fine della seconda Guerra di Indipendenza (1859) in seguito al passaggio del territorio dalle mani austriache a quelle sabaude.

Il palazzo, con le sue dovizie di arredi e decorazioni e il suo immenso parco, competeva in splendore con altre dimore signorili del paese. Nel 1825 furono accolti a palazzo Agosti l’arciduca Francesco Carlo e l’arciduchessa Sofia, che accompagnavano l’imperatore Francesco I nel suo viaggio nel Lombardo-Veneto. Circa un secolo dopo, nel 1937 anche il futuro papa Giovanni XXIII alloggiò nella villa, allora sotto l’egida della contessa Carlotta Ferrari. Nelle sue memorie, monsignor Roncalli ricorda di aver dormito nello stesso letto in cui si era ritemprato Napoleone Buonaparte, alludendo alla permanenza del generale a palazzo durante la seconda campagna d’Italia nel 1800.  

Con la fine del secondo conflitto mondiale i proprietari ridussero progressivamente la loro presenza a Telgate, finché nel 1955 cedettero il palazzo con le sue pertinenze all’arciprete della parrocchia, monsignor Pietro Biennati. Con una serie di esosi lavori di restauro e adattamento, inclusa la trasformazione di parte del parco in campo sportivo, nel 1956 l’edificio divenne sede dell’oratorio maschile di Telgate. Mentre nell’estate di due anni dopo il palazzo scampò quasi indenne a un incendio divampato nella cascina agricola adiacente, le fiamme procurarono danni ingenti in un nuovo evento nel 1984, tanto da avviare lavori di ricostruzione e aggiornamento. Se lo scalone sfuggì alla devastazione diretta, risentì comunque degli effetti rovinosi che l’incendio ebbe nelle aree contigue e, soprattutto, di tetto e sottotetto, oltre naturalmente alle successive operazioni di riedificazione e restauro.

– STUDIO

Si è riscontrata la presenza alla sommità delle pareti di una cornice d’imposta costituita da due diversi elementi:  una successione seriale di foglie dipinte a finto intaglio eseguite su di un cornicione in aggetto, al di sotto della quale è sito un fregio floreale a torciglione risalente con ogni probabilità alla seconda metà del secolo XX.  A circa 1 metro dal pavimento emergevano tracce di una fascia con elementi floreali molto simili alla decorazione del fregio. Sul soffitto invece non è stato rilevato alcun elemento. Infatti il sottostante intonaco risulta essere di recente fattura.

– SEGRETERIA

La volta è ornata con medaglioni floreali, delineati utilizzando diverse gradazioni di grigio-verde, e da una decorazione seriale consistente in una banda di color violetto.  Le pareti sono risultate prive di ornamenti, probabilmente in conseguenza della loro maggior esposizione agli agenti usuranti ed a trasformazioni  conseguenti a cambiamenti di utilizzo della sala.     

– SALA RIUNIONI

Sul soffitto si osservavano finte cornici e fasce a tinta neutra che racchiudono  gruppi di campanelle dipinte a stencil su sfondo azzurro. Tale apparato decorativo, databile verosimilmente intorno alla metà del secolo XX, fu eseguito con colori a tempera. Le pareti al contrario sono prive di ornamenti.

Martedì, 12 Aprile 2016 22:41

Palazzo Galli, (PC)

Restauro delle sale decorate.

Affreschi, decorazioni, dipinti murali, stucchi, inferriate, finti marmi e stucco lucido

Piacenza
01/11/2003 – 31/10/2007

Palazzo Galli rimane, insieme a Palazzo Costa, una delle testimonianze del tardo barocco piacentino, nonostante le innumerevoli modifiche accorse lungo il corso degli anni.

Proprietà dei Raggia, famiglia genovese, alla fine del ‘600, alla metà del secolo successivo viene acquisito dalla famiglia Galli, fino a diventare, un secolo dopo, sede della Banca Popolare di Piacenza, pur offrendo i suoi locali per alcuni periodi al Consorzio Agrario.

La data di costruzione dell’edificio va collocata tra il 1647 ed il 1715; l’impianto originale del palazzo risultava costituito da un corpo padronale con destinazione residenziale e da una corte interna delimitata da rustici sia a est che a ovest.

Lunedì, 11 Aprile 2016 23:06

San Nicolò (LC)

 Restauro manutentivo della statua bronzea dorata di San Nicolò in località Punta Maddalena di Lecco. 

 

Lecco

 08/11/2013 - 23/11/2013

 

La statua, sita all'interno del bacino lacuale ad alcuni metri dalla riva, è posizionata al di sopra di una colonna che la separa dalle acque del lago. La scultura è stata realizzata in bronzo. Tale materiale fu anche dorato.

L'opera risulta ora ricoperta da depositi di materiale organico, guano, variegati depositi di sporco e di prodotti di fenomeni di corrosione.

 

 

Lunedì, 11 Aprile 2016 21:53

Basilica di San Nicolò (LC)

Restauro delle superfici interne 

Affreschi, dipinti murali, decorazioni, stucchi, intonaci, lapidei

Lecco

01/11/1993 – 29/09/1995

03/11/1999 – 29/08/2000: Restauro della cappella di Sant’Antonio 

 

L'attuale basilica rappresenta la sommatoria di varie e diverse fasi di ampliamento di un antico edificio, del quale è rimasto il vano ora adibito a Battistero, un tempo atrio porticato e quindi cappella nel periodo visconteo.

La stesura generale è riconducibile a progetti sostanzialmente redatti dall'architetto lecchese Giuseppe Bovara (1781 - 1873), una cui precedente idea è la fonte del disegno della facciata, conclusa nel 1883 ad opera dell'ingegnere Giovanni Maria Stoppani.

Il corpo della chiesa è costituito da un vestibolo chiuso, da una grande navata centrale con coro e postcoro, da due navate laterali con cappelle e due sacristie, per uno sviluppo longitudinale all'interno di m. 73 circa e una larghezza massima di 36.

Dal 1831 al 1838 vennero costruite le navatelle e le cappelle laterali, tra il 1846 e il 1848 fu eretto il vestibolo, nel 1853 venne gettata la volta della navata centrale fino alla tazza, dal 1857 al 1861 si lavorò per la zona della tazza e del presbiterio, senza attuare i previsti elementi del transetto, in luogo dei quali si trovano invece due cappelle e le sacrestie.

Martedì, 12 Aprile 2016 07:09

San Michele Arcangelo, Pontirolo (BG)

Restauro delle superfici interne ed esterne

Pontirolo Nuovo (BG)

21/06/2002 – 01/04/2003

Il solenne tempio di San Michele risale alla progettazione del noto architetto Felice Pizzagalli, il quale ne curò la costruzione fra 1829 e 1832 con una pianta sostanzialmente centrale enfatizzata dalla grande cupola autoportante, e con uno scenografico presbiterio a peribolo colonnato. Nel 1853 l’ingegnere Rivoli mutò radicalmente l’impianto volumetrico, allungando il breve corpo anteriore verso occidente e formando così una navata di tre campate scandite lateralmente da colonne in continuità con l’idea del Pizzagalli. Nel 1888 la chiesa fu devastata da un terribile incendio, per il quale la cupola venne a crollare. Soltanto nel 1898 fu terminata la ricostruzione della cupola ad intervento dell’ingegnere Pietro Farina, e vennero eseguiti rosoni e capitelli perduti o guasti ad opera dello stuccatore milanese Luigi Lanfranconi. La campagna decorativa, concernente gli affreschi a monocromo di Giacomo Belotti, risale agli anni 1938-1940, presumibilmente accompagnata da altri interventi di ridipintura e verifica degli stucchi, già d’altra parte in precedenza sottoposti a manutenzione, come avvenne anche in seguito fino agli anni Settanta del Novecento. Per quanto lo spazio e l’espressione dell’interno si presentino sostanzialmente unitari, ancorati al nucleo progettuale del Pizzagalli, in realtà i vari elementi dell’alzato e i decori rispondono a periodi diversificati, cui si collegano anche diverse modalità di esecuzione sia materica che espressiva. 

Lunedì, 11 Aprile 2016 17:50

San Giovanni in Canale (PC)

Restauro del presbiterio e 2 cappele  della chiesa di San Giovanni in Canale

Piacenza

01/01/2000 – 25/10/2000

Le decorazioni delle due pareti del coro sono state eseguite nel 1721-22 da Francesco e Giovan Battista Natali probabilmente con la collaborazione di Sebastiano Galeotti; inoltre le due pareti del presbiterio affrescate nel 1733 da Francesco Natali, affiancato dal ticinese Bartolomeo Rusca.

Nelle due pareti del coro si trovano sostanzialmente finte architetture di lesene e colonne da cui emergono balconcini e elementi di raccordo con strutture pittoriche della volta.

Le pareti del presbiterio, più complesse, sono costituite da importanti elementi sempre architettonici, ingentiliti da composizioni floreali rese in alcune parti notevolmente preziose da lumeggiature dorate; nel mezzo stanno due ampi riquadri raffiguranti a destra il miracolo di S. Giacinto e l’approvazione della regola di S. Domenico a sinistra.

Cappella di Santa Caterina

Terza cappella nella navata sinistra (nord) dall’ingresso principale presenta una struttura architettonica lineare di sapore cinquecentesco, celata da sovrapposizioni decorative barocche e impreziosita da un prospetto sulla navata di ispirazione classicheggiante.

Verosimilmente essa si erge nel luogo di una più antica cappella intitolata a san Bernardo, di cui probabile unica testimonianza rimasta è la lastra in marmo del sepolcro in cui era tumulato il conte Cristoforo  Scotti. Di gusto tardo quattrocentesco e di forma quadrata, essa racchiude tra rami d’acanto un elmo con cimiero a forma di cigno, che campeggia sullo stemma dei due casati degli Scotti e  Strozzi e sull’iscrizione dedicatoria.

L’esistenza del sacrario votato a san Bernardo e all’accoglienza delle spoglie di Cristoforo è attestata nel 1512, quando la moglie, Sulpizia Strozzi, lo scelse come luogo per la sua futura sepoltura a fianco del defunto marito. Fu in tale occasione che la contessa predispose la nuova dedicazione alla Santa di Siena.

Alla fine del Seicento o ai primi anni del Settecento potrebbe altresì risalire l’altare in stucco al centro della curvatura absidale. Sul fronte è plasmato all’interno di un tondo il busto a rilievo della Santa incoronata di spine e i volti di due angioletti alati. Quest’ultimo elemento è riproposto con diversa configurazione entro il riquadro del timpano alla sommità dell’edicola che si eleva al di sopra della mensa sacra. Tale struttura racchiude una pala che rappresenta santa Caterina in contemplazione del Crocifisso con i tradizionali attributi del libro e del giglio.

Probabilmente contemporanei all’altare, gli stucchi della volta a botte fungono da cornice a tre serie di affreschi monocromati disposti su tre fasce.

Cappella del Santo Rosario

La pianta della cappella riprende l'impianto settecentesco, consistente in un grande spazio quadrato e in una imponente nicchia che ospita l'effige scultorea della Vergine. A tale impostazione vennero apportate, su progetto dell'architetto Antonio Tomba, alcune modifiche di stampo neoclassico. Queste variazioni furono realizzate tra il 1808 ed il 1810 da Antonio Ceruti. All'artista milanese Tommaso Blisi ed al pittore piacentino Giovanni Battista Ercole si deve invece la realizzazione dell'apparato decorativo. Ulteriori modifiche vennero attuate nel 1930 ad opera dell'architetto Paolo Costermalli. altri interventi furono attuati negli anni quaranta in occasione della revisione globale che interessò la chiesa nel suo complesso.

Si ricorda in ultimo che la cappella è abbellita dai dipinti su tela della Salita al calvario di Gaspare Landi e la Presentazione al Tempio di Vincenzo Camuccini, ultimati nel 1808 e collocati nella chiesa di San Giovanni nel 1809.

Venerdì, 08 Aprile 2016 22:12

Sant'Alessandro, Lasnigo (CO)

Restauro delle superfici affrescate.

Lasnigo (CO)
14/09/2006 – 09/10/2007

La decorazione interna della piccola chiesa di S. Alessandro a Lasnigo è prevalentemente localizzata nella zona presbiteriale, dove sono conservati affreschi del XVI sec. Le superfici dell’unica navata sono invece spoglie ad eccezione della parete sinistra dell’ultima campata, adiacente all’arco trionfale.

Tra queste testimonianze pittoriche assume grande rilievo la Crocifissione che occupa l’intera parete di fondo del presbiterio. Un cartiglio dipinto nella zona inferiore ci permette di identificare l’artista e la data dell’intervento: “Ioannes Andreas de’ Passeris de Turno pinxit 1513”; dunque opera del pittore tornasco Andrea De Passeris, artista di rilievo nell’ambito comasco e valtellinese tra XV e XVI sec.

L’opera si inserisce nella parte conclusiva della sua produzione e vi sono raffigurati, a sinistra della croce, S. Alessandro e la Vergine, sulla destra S. Giovanni e la Madonna in trono con Bambino.

In secondo piano, fra rocce e colline si delinea una città fortificata in cui svettano palazzi turriti e diversi campanili, probabile interpretazione di Gerusalemme. Sempre di mano del De Passeris è il Salvator Mundi effigiato in un tondo raggiato, al centro della volta.

A un diverso pittore sono invece attribuibili le scene rappresentate sulle pareti laterali del presbiterio: a sinistra l’Adorazione dei Magi, dove risultano particolarmente interessanti per freschezza e facilità esecutiva le raffigurazioni in secondo piano, e sulla destra i santi Rocco e Bernardo da Chiaravalle. Purtroppo quest’ultimo affresco è lacunoso a causa di interventi strutturali del sec. XVIII connessi all’aggiunta della sacrestia.

L’apparato decorativo prosegue anche su tutte le superfici dell’arco trionfale.

L’Annunciazione occupa la metà superiore del fronte dove troviamo, nella parte sommitale, al centro la figura di Dio Padre, circondata da nubi, e la colomba simbolo dello Spirito Santo, mentre poco più sotto, sulla destra la Vergine, sulla sinistra l’arcangelo Gabriele.

La fascia inferiore reca una teoria di santi; i Santi Antonio Abate, Alessandro e Pancrazio martire a sinistra, Santa Caterina, la Madonna in trono con Bambino e la Maddalena a destra.

Il sottarco è suddiviso in riquadri al cui interno sono raffigurati, in quello centrale, l’Agnello, in quelli laterali, tre per ogni lato, i profeti a mezzo busto.

Altri due riquadri presentano, sul lato destro e sinistro, rispettivamente il sudario con il volto di Cristo e un’iscrizione: “1547 - Opera fata a Magister leronimus de Gorla et Canturio”.

Questa scritta permette quindi di individuare un secondo pittore che operò nella chiesa di S. Alessandro, sull’arco trionfale e quasi sicuramente anche sulle pareti laterali dell’abside.

Al di fuori dell’area presbiteriale, come già accennato, l’unica zona decorata è la parete sinistra della terza campata della navata. La scena rappresenta, in posizione centrale, San Carlo Borromeo a figura intera e con abiti vescovili, affiancato sulla destra da un santo francescano, forse San Francesco stesso, sulla sinistra da un santo domenicano e dal committente dell’opera, inginocchiato.

Il dipinto è di epoca più tarda rispetto agli altri affreschi conservati nella chiesa e probabilmente ascrivibile alla seconda metà del XVII sec.

 

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